Asmik Grigorian – Manon Lescaut a Frankfurt

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Foto ©Barbara Aumüller

Da parecchio tempo io non torno quasi mai a vedere una seconda volta uno spettacolo operistico, perché difficilmente ne vale la pena. Ma ho voluto fare una eccezione per la ripresa della splendida Manon Lescaut allestita all’ Oper Frankfurt, che tanto mi aveva impressionato tre anni fa. Non nascondo che il motivo del mio secondo viaggio di questo mese nella città dell’ Hessen era costituito dal desiderio di ammirare nuovamente la fulminante interpretazione di Asmik Grigorian nella parte della protagonista, di gran lunga la migliore tra tutte quelle che in tutta la mia ormai abbastanza lunga vita io ho avuto modo di ascoltare, in teatro e in disco. Una caratterizzazione di intensa, straziante tragicità, un groviglio di sentimenti al calor bianco sbalzati con avvincente forza drammatica da una cantante-attrice che senza dubbio si può definire tra le più grandi apparse sulla scena negli ultimi decenni. Nessuno, che io sappia, è mai arrivato a tanto in questo ruolo, nel quale Asmik Grigorian mette in mostra tutte le sue qualità di artista totale, autentico animale da palcoscenico capace di unire presenza scenica, recitazione e canto in un insieme pressochè unico. Come ho giá detto in passato parlando della quarantunenne cantante lituana, questa è una cosa che riusciva solo alla Callas nelle sue prove migliori, e ribadisco che non sto assolutamente esagerando nel paragone.

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Foto ©Barbara Aumüller

Tutto questo drammatico intreccio di passioni estreme e devastanti trova una collocazione ideale nella splendida messinscena di Alex Ollè, entusiasticamente lodata tre anni fa in maniera pressochè unanime dalla stampa tedesca e che, a una seconda visione, sembra davvero modellata appositamente sulle caratteristiche della Grigorian. Lo spettacolo ideato dal regista catalano trasforma la vicenda nella storia di una ragazza dell’ Est emigrata clandestinamente in Europa Occidentale, costretta dalla necessità a vendersi alle voglie di un vecchio libertino lascivo e che per uscire da questo ambiente si aggrappa con disperazione a un ragazzo che è stato l’ unico ad amarla nonostante quello che lei è e che accetta consapevolmente di dividere fino in fondo la tragedia del suo destino. Le scene di Alfons Flores illustrano perfettamente lo squallore sordido in cui questa ragazza sfortunata si muove: nel primo atto, un  bar clandestino sotto un cavalcavia nel quale Manon e il fratello fanno il loro ingresso dopo essere scesi dal furgone di un trafficante di profughi, al secondo atto un locale malfamato di lap dance nel quale la ragazza si mostra seminuda agli sguardi lascivi dei clienti e del ricco vecchio divenuto il suo protettore, le gabbie di un centro di espulsione di clandestini al terzo atto e infine il deserto che fa da sfondo alla tragedia finale, il tutto con uno sfondo comune formato dalla quattro lettere della parola LOVE, che nel quadro finale appaiono completamente scoperte.

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Foto ©Barbara Aumüller

La trasposizione rispetta al millimetro tutti gli aspetti drammaturgici della vicenda originale e consente ad Asmik Grigorian di esprimere in pieno il suo straordinario talento di attrice oltre che di vocalista fenomenale, con una voce omogenea in tutta la gamma e perfettamente controllata a tutti i livelli dinamici. La ragazzina dai tratti adolescenziali del primo atto si trasforma nel secondo in una perfetta ballerina sensuale, ma cinica e abituata a sedurre gli uomini con mosse calcolate, che esplode di passione all’ arrivo del ragazzo che non ha mai dimenticato. Ma il culmine di questa raffigurazione la Gregorian lo raggiunge negli ultimi due atti nei quali, vestita con una semplice tuta, si trasforma letteralmente per trovare sfumature di fraseggio calcolate nei minimi particolari, che raggiungono il culmine all’ ultimo atto in un “Sola, perduta, abbandonata” cantato con un’ intensità straziante e seguito da una scena finale che strappava letteralmente le lacrime. Gli stupendi pianissimi e l’ abilità tecnica fenomenale con cui la cantante lituana assottiglia progressivamente il suono e riesce nel miracolo di inaridire progressivamente il timbro per raffigurare alla lettera l’ effetto di una voce che si spegne, erano qualcosa che non si era mai sentito prima d’ ora in questa parte. Nel complesso, un’ interpretazione destinata rimanere un punto di riferimento per i prossimi anni, da parte di una cantante-attrice arrivata al culmine delle sue straordinarie capacità espressive, per me senza il minimo dubbio la più grande artista esistente nel panorama operistico attuale.

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Foto ©Barbara Aumüller

Accanto a una partner di tale livello, il trentanovenne tenore americano Joshua Guerrero non ha sfigurato e si è dimostrato capace di reggere molto bene un ruolo lungo e faticoso come quello di Des Grieux. La voce ha un vibrato stretto non proprio gradevole nella zona di passaggio ma guadagna in qualità man mano che sale e la bella tempra degli acuti  consente al cantante di superare con disinvoltura frasi aspre come “Ah! Manon, vi imploro!” nel primo atto, “Con te portar dei solo il cor!” nel secondo e la disperata perorazione “Oh Dio a cui fanciullo anch’ io levai la mia preghiera” nel quarto. Anche dal punto di vista scenico, il cantante di Las Vegas si è dimostrato molto efficace nel raffigurare il ritratto un ragazzo travolto da una passione disperata, che non riesce assolutamente a controllare.

Rispetto alla prima serie di recite, il testo del cast era nuovo. Sul podio il quarantottenne direttore lituano Modestas Pitrenas, attuale Chefdirigent del Theater St. Gallen, si è dimostrato abile accompagnatore dei cantanti e ottimo realizzatore delle parti sinfoniche, servito perfettamente dall’ ottima prestazione della Frankfurt Oper und Museumsorchester  che ha suonato splendidamente sotto il profilo della qualità timbrica e della precisione. Una prestazione di buon livello anche se a mio avviso meno personale di quella offerta tre anni fa da Lorenzo Viotti. Il baritono sloveno Domen Križaj ha delineato un ritratto convincente di un Lescaut avido e furfantesco nei modi, disposto a vendere i favori sessuali della sorella a chiunque ne faccia richiesta, cantato con una voce di buona qualità timbrica e spessore adeguato. Insufficiente è apparso invece Alfred Reiter nel ruolo di Geronte, recitato bene ma davvero troppo modesto vocalmente. Nel complesso buona anche la prova di tutte le parti di fianco. Teatro esaurito, successo più che cordiale per il direttore e il cast nel suo complesso. Per Asmik Grigorian ci voleva, è giustamente c’ è stato, il trionfo a coronare una prova davvero superba e, ripeto ancora una volta, ineguagliabile da qualsiasi altra cantante di oggi.

Un pensiero riguardo “Asmik Grigorian – Manon Lescaut a Frankfurt

  1. „per me senza il minimo dubbio la più grande artista esistente nel panorama operistico attuale“ wirklich? Ich dachte, ich hätte sie schon gehört, dem war aber nicht so. Werde Grigorian im April als Jenufa hören und bin gespannt.

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