La nuova produzione della Manon Lescaut in scena in questi giorni all’ Oper Frankfurt è divenuta l’ argomento del giorno nel mondo musicale qui in Germania. Il successo clamoroso della prima, recensita da pressoché tutti i colleghi della stampa tedesca, mi ha spinto a fare una visita nel teatro della città assiana (un bell’ edificio moderno costruito ai primi degli anni Sessanta, con una sala comoda e acusticamente molto buona situata dietro un foyer chiuso al primo piano da una parete a vetri che costituisce la facciata) soprattutto per ascoltare dal vivo Asmik Grigorian, trentottenne cantante lituana di origini armene che, dopo i trionfi al Salzburger Festspiele come Salome nella messinscena di Romeo Castellucci e alla Scala come Marietta in Die Tote Stadt di Korngold, è stata da poco nominata Sängerin des Jahres dalla rivista tedesca Opernwelt, quasi all’ unanimità. La Grigorian, che è figlia di due artisti illustri come il defunto tenore Gegam Grigorian e il soprano Irena Milkevičiūtė, è una fra le cantanti più celebrate del momento e io, dopo aver visto il video della sua Salome salisburghese, che ho trovato magnifica, e aver letto decine di recensioni assolutamente entusiastiche, ero decisamente curioso di vederla in questa produzione il cui risultato è stato davvero grandioso, addirittura al di là di quanto avevo ricavato dalla lettura delle critiche. Quella a cui ho assistito è stata una meravigliosa serata di teatro musicale per merito soprattutto della cantante lituana e del regista Álex Ollè, che già avevo apprezzato nel bell’ allestimento del Mefistofele da lui messo in scena la scorsa estate alla Staatsoper Stuttgart. Il cinquantanovenne regista catalano, uno dei sei fondatori e direttori artistici del celebre collettivo teatrale La Fura dels Baus, racconta la storia trasformando Manon, come mostrato in un video proiettato all’ apertura di sipario, in una ragazza dell’ Est emigrata illegalmente nell’ Europa occidentale al seguito di un fratello privo di scrupoli che vorrebbe sfruttarla per arricchirsi. Dopo essere sfuggita alle attenzioni di un vecchio e ricco pervertito dandosi alla fuga con Des Grieux che si è innamorato di lei a prima vista, la ragazza nel secondo atto reincontra il suo innamorato in un sordido locale di lapdance dove è stata rinchiusa dal vecchio, cerca di darsi alla fuga col suo amante appena ritrovato dopo aver svuotato la cassa del locale ma viene arrestata dai poliziotti chiamati dal ricco libertino e rinchiusa in un centro di detenzione per clandestini in attesa di essere espulsa, con Des Grieux che la ritrova e ottiene di partire insieme a lei. Le scene di Alfons Flores sono costituite da pochi elementi essenziali tra cui spicca un enorme scritta formata dalle lettere della parola LOVE, che fanno da sfondo a tutta la vicenda e nell’ ultimo atto divengono il solo elemento scenico della straziante tragedia finale.
Niente di trasgressivo o di gratuitamente provocatorio in questa trasposizione, solo la perfetta raffigurazione di quello che intendeva Puccini quando, durante la composizione dell’ opera scriveva riferendosi all’ opera di Massenet sullo stesso argomento: “Lui la sentirà alla francese, con cipria e i minuetti. Io la sentirò all’ italiana, con passione disperata”. La messinscena di Álex Ollè mette in evidenza i tratti fondamentali del testo con una forza espressiva incredibile, grazie alla recitazione curata nei minimi particolari di un cast nel quale spicca la prestazione di Asmik Grigorian, che io ho trovato assolutamente sensazionale, senza usare mezzi termini. Dal momento della sua entrata in scena, la cantante lituana costruisce il ritratto affascinante, forte, modernissimo di una ragazza che immediatamente fa vedere di essere divenuta adulta troppo presto a causa di una vita disgraziata, un aspetto dimostrato dai tratti adolescenziali del suo comportamento alla stazione di Amiens come la gomma da masticare in bocca e gli sguardi continui al telefono cellulare. Prostituitasi per necessità e costretta a mostrarsi seminuda a un pubblico di guardoni nel locale di lapdance del vecchio sfruttatore, questa Manon appena rivede Des Grieux si aggrappa in maniera disperata all’ affetto di un ragazzo che è stato l’ unico ad amarla sinceramente nonostante quello che lei è, accettando di perdersi con lei per seguire la sua sorte fino in fondo. Tutto questo groviglio di sentimenti estremi trova nella raffigurazione vocale e scenica di Asmik Grigorian una forza espressiva irresistibile. Dotata di innegabile fascino fisico, la Grigorian possiede il carisma scenico della vera e propria dominatrice, quelle che attirano lo sguardo del pubblico fin dalla prima entrata. La voce non è di qualità speciale ma ha un timbro di quelli che ti si imprimono dentro subito dopo la prima frase oltre a un’ omogeneità perfetta data da una tecnica di altissima scuola, che permette alla cantante di dominare lo strumento in tutta la tessitura anche nelle situazioni sceniche più estreme. Ma la classe strepitosa di questa artista si riconosce soprattutto dalla sua incredibile bravura nel coordinare parola, suono e gesto fino a farci seriamente chiedere se stiamo assistendo a un’ opera o a qualcos’ altro: un miracolo da vera cantante-attrice che riusciva alla Callas dei tempi migliori e credetemi, non sto esagerando nel paragone. La passione bruciante nei duetti d’ amore, la disperazione del terzo atto e il vero e proprio miracolo che abbiamo ascoltato nel finale, con un “Sola, perduta, abbandonata” incredibilmente tragico e cesellato frase per frase seguito da una scena della morte in cui l’ effetto della voce che si spegneva inaridendosi progressivamente era realizzato in una maniera che io non avevo mai ascoltato prima, erano i tratti salienti di un’ interpretazione che si può solo definire di livello storico. Le ultime frasi, cantate con un timbro di voce che sembrava davvero provenire dall’ aldilà, mi rimarranno per sempre nella memoria. Dopo una prestazione di questo livello, posso confermare che nel caso di Asmik Grigorian siamo di fronte a una personalità artistica tra le più grandi che siano apparse sulle scene operistiche negli ultimi anni, dotata di una forza carismatica e comunicativa che affascina per la potenza tragica che riesce a mettere in mostra.
Il resto del cast ha supportato in maniera adeguata la fantastica prova scenica e vocale della protagonista. Joshua Guerrero, trentaduenne tenore nativo di Las Vegas e vincitore di un Grammy Award per l’ incisione dell’ opera Ghosts of Versailles di John Corigliano, con questa produzione faceva il suo esordio sui palcoscenici europei. La voce è franca e generosa, forse non rifinitissima dal punto di vista tecnico ma con note acute facili e sicure, di squillo e proiezione ragguardevoli. Come interprete, Guerrero fraseggia con un tono di passionalità genuina che gli ha permesso di tratteggiare un Des Grieux in preda a una passione che non è assolutamente in grado di dominare, perfetto come partner di una Manon cosí fortemente caratterizzata. Buona anche la prova del giovane baritono ucraino Iurii Samoilov, uscito dall’ Opernstudio dell’ Oper Frankfurt, che ha raffigurato un Lescaut rozzo e privo di scrupoli, dal comportamento scenico arrogante e insolente, con una voce di grana piuttosto ruvida che si adattava molto bene al carattere dell’ interpretazione. Notevole anche la prova del basso italiano Donato Di Stefano come Geronte, bravissimo nel tratteggiare scenicamente un vecchio lascivo, pervertito e forse impotente, abituato a comprare grazie al denaro i piaceri che il corpo non può più procurargli. Complessivamente adeguati anche l’ Edmondo del tenore Michael Porter e il Musico del mezzosoprano neozelandese Bianca Andrew e buone anche tutte le altre parti di fianco.
Alla splendida riuscita di una produzione dalle caratteristiche così notevoli ha contribuito in maniera determinante anche la parte orchestrale condotta sul podio da Lorenzo Viotti. Avevo ascoltato il ventottenne direttore svizzero, che dopo la vittoria nell’ edizione 2015 del Nestlé and Salzburg Festival Young Conductors Award ha iniziato una promettente carriera internazionale, circa un anno e mezzo fa a Stuttgart in un concerto con la SWR Symphonieorchester e avevo espresso forti riserve nel mio resoconto per una prova che mi era apparsa abbastanza incerta. In questa occasione invece, la direzione del giovane maestro mi è sembrata di livello decisamente superiore sia a livello tecnico che interpretativo. In perfetta sintonia con l’ impostazione teatrale dello spettacolo, Lorenzo Viotti realizza una lettura dai toni fondamentalmente pessimistici e fin dall’ inizio decisamente malinconici. Non c’ è allegria nè gioia di vivere in questa esecuzione, solo un’ angoscia di fondo che cresce gradatamente fino a esplodere nella straziante tragicità dell’ atto di Le Havre e in un quarto atto tutto condotto su colori orchestrali spenti, quasi avvelenati, con una accurata ed efficacissima sottolineatura di tutte le sfumature dinamiche grazie anche alla splendida prestazione della Frankfurter Opern- und Museumorchester, complesso dalla storia illustre che in questi ultimi anni è stato portato a livelli di ottima qualità dall’ eccellente lavoro svolto in questi anni da Sebastian Weigle, che dal 2008 è Generalmusikdirektor dell’ Oper Frankfurt. Il pubblico ha tributato un vero e proprio trionfo a una produzione che, a mio giudizio, è una fra le più belle da me viste nelle ultime stagioni e sicuramente lo spettacolo dell’ anno sia dal punto di vista musicale che scenico. Una recita che mi ha colpito e commosso come non mi accadeva da molto tempo e che mi ha lasciato il vivo desiderio di riascoltare al più presto Asmik Grigorian, una cantante che dopo questa grandiosa, entusiasmante interpretazione di Manon io considero infallibilmente destinata a scrivere pagine decisive nella storia teatrale dei prossimi anni.
Venerdì 31 maggio alla Scala ho assistito ad una recita di Die Tote Stadt con Amsik, come hai detto, nella parte di Marietta. Anche qui l’attesa è stata febbrile perché si sapeva delle doti eccezionali della donna anche come interprete e infatti l’esibizione è stata lungamente applaudita, anzi la più applaudita dal pubblico. Si è destreggiata sul palcoscenico come una attrice di prosa, ma anche come ballerina, con la differenza che doveva anche cantare. L’abbiamo attesa fuori sotto il portico ed è stata davvero gentile con tutti noi. Un piccolo neo ma che, credo, sia stato avvertito da pochi intimi. Mell’aria „Und der Erste, der Lieb mich gelehrt, ecc“ ha avuto un piccolissimo mancamento che non ha inficiato assolutamente la prestazione. Come hai detto giustamente è un personaggio da seguire con attenzione.
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Io posso solamente aggiungere che da molti anni non vedevo una cantante-attrice di questo livello. Asmik Grigorian sarà Senta nel prossimo nuovo allestimento di “Der fliegende Holländer” a Bayreuth, previsto per l’ estate 2021. Io ci sarò a qualunque costo e vi consiglio di fare altrettanto!
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Leider nicht in Berlin zu hören in nächster Zeit
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