Osterfestspiele Baden-Baden 2024 – Elektra

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Foto ©Monika Rittershaus

Trionfo di pubblico, venuto da tutta Europa, per la nuova produzione di Elektra che ha inaugurato gli Osterfestspiele dei Berliner Philharmoniker a Baden-Baden in un Festspielhaus pieno sino all’ ultimo posto. Un successo che va attribuito innanzi tutto alla superba prestazione del complesso berlinese sotto la guida di Kirill Petrenko, che con il capolavoro di Richard Strauss ha firmato una tra le più belle interpretazioni della sua carriera. È difficile da descrivere a parole quello che il direttore austro-russo è stato capace di ricavare in termini di suono, ritmi e dinamiche dall’ orchestra di cui da cinque anni è Chefdirigent e con la quale è arrivato a un perfetto grado di simbiosi esecutiva. Non c’ era dettaglio della partitura che non fosse evidenziato e tradotto in suono nel migliore dei modi, a partire dalle quattro note dell’ accordo di re minore su cui poi viene intonato il nome “Agamemnon”, che aprono l’ opera abbattendosi come un maglio su chi ascolta. Petrenko sfrutta tutte le possibilità offertegli dalla sua fantastica macchina da musica per giocare con la magnificenza timbrica e e gli effetti sonori violenti dell’ orchestra straussiana e realizzare una lettura bruciante, espressionistica, allucinata nel clima da ossessione psichica creato dal golfo mistico, che a tratti si dilatava in improvvisi squarci melodici come il motivo in la bemolle sul quale Elektra intona le parole “deine Kind”, i quali a tratti interrompono il clima da incubo creato da episodi come il breve interludio che precede il duetto fra Elektra e Klytämneystra, una marcia in cui Strauss tocca i vertici del parossismo, con feroci dissonanze, un’ estensione fonica con timbri che vanno dall’ ottavino al bassotuba, con archi divisi, con ogni tipo di percussione; un magma di musica al limite del rumore per illustrare l’ entrata dell’ uxoricida perseguitata dai suoi rimorsi. Un’ interpretazione matura e completa, destinata a rimanere un punto fermo nella storia esecutiva dell’ opera, che conferma per l’ ennesima volta come Kirill Petrenko sia da considerare fra i due o tre massimi direttori della nostra epoca.

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Foto ©Monika Rittershaus

Per realizzare al meglio la sua concezione interpretativa, Petrenko è stato aiutato al meglio da una magnifica compagnia di canto dominata dalla straordinaria prova di Nina Stemme. Alla vigilia del suo sessantunesimo compleanno, il soprano svedese conserva ancora quell’ incisività vocale che ne ha fatto l’ Isolde di riferimento della nostra epoca, e grazie alla quele regge ancora perfettamente la frastagliata scrittura vocale e le improvvise fiondate all’ acuto che la parte di Elektra esige, per realizzare una protagonista sempre in bilico fra vaneggiamenti infantili e scoppi di rabbia parossistica che esprimono la sua monomaniaca ansia di vendetta. Come antagonista le si contrapponeva la splendida Klytämnestra di Michaela Schuster, che raffigurava perfettamente i rimorsi e gli incubi della regina omicida con un tono angosciato espresso da sottili sfumature di fraseggio come l’ accento allucinato con cui intonava la frase “Weisst du kein Mittel gegen Träume?” e di ribattere colpo su colpo alla ferocia aggressiva della Stemme durante lo scontro fra madre e figlia, concluso da una perfetta realizzazione della agghiaccianti risate alla notizia della morte di Orest e del grido “Lichter!”. Ottima anche la Chrysothemis del quarantacinquenne soprano sudafricano Elza van der Heeever, qui molto più a suo agio che nella Kaiserin della Frau ohne Schatten dello scorso anno e in grado di trovare ottime finezze di fraseggio nelle due scene con Elektra. Johan Reuter ha delineato un Orest vocalmente e scenicamente assai efficace nella sua gelida compostezza e Wolfgang Ablinger-Sperrhacke, apprezzato interprete di ruoli come Mime e il Kapitän del Wozzeck, ha reso molto bene il fraseggio mobile e nevrotico del breve intervento di Aegisth. Buona anche la prova di tutte le parti di fianco, in particolare quella delle cinque Mägde, cantate da Katharina Magiera, Marvic Monreal, Alexandra Ionis, Dorothea Herbert e Lauren Fagan.

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Foto ©Monika Rittershaus

Non all’ altezza della parte musicale è invece sembrata, a mio avviso, la regia ideata da Philipp Stölzl e Philipp M. Krenn, sostanzialmente tutta basata su una struttura scenica composta da enormi gradini che in certi momenti si spostavano sino a formare un muro, sui quali venivano proiettate, in diversi caratteri grafici e illuminazioni, le parole del testo. Scorrendo le prime recensioni pubblicate, ho notato che diversi colleghi della stampa tedesca hanno espresso dubbi sulla riuscita artistica della messinscena. Come quasi sempre accade negli allestimenti della nostra epoca, un Konzept di base che poteva anche essere di qualche interesse non veniva minimamente sviluppato nel corso della recita e alla fine lo spettacolo risultava pesantemente monotono. Indubbiamente, questa era una lettura che aiutava molto chi non conosce bene l’ opera ed ha difficoltà nel “leggere la scena”. Per quelli che invece, come chi scrive, vorrebbero veder evidenziato in tutta la sua forza espressiva il carattere tragico della musica, questo non era un allestimento che riusciva a sviluppare la cupezza, la violenza, la carica drammatica che la partitura di Strauss esprime. Il senso dell’ ancestralità e dell’ endemicità mitica della violenza insiti nella partitura e nel libretto, che Hugo von Hofmannsthal ha evidenziato nella sua rivisitazione della tragedia di Sofocle, erano del tutto assenti in questa messinscena che, alla fine dei conti, presentava poco più che un’ esecuzione in forma di concerto situata in mezzo a un’ installazione artistica, oltretutto esteticamente assai poco attrattiva. Ad ogni modo, la regia aveva almeno il pregio di lasciarsi guardare senza troppi fastidi e di non disturbare la parte musicale. Del successo, si è detto in apertura di questo articolo. Gli applausi sono stati entusiastici per Petrenko, i Berliner e tutto il cast, un po’ più moderati per il team registico con qualche isolato dissenso.

2 pensieri riguardo “Osterfestspiele Baden-Baden 2024 – Elektra

  1. Concordo con quanto ha scritto. Ho assistito all’ultima recita, il giorno di Pasqua. Per me è stata un’interpretazione straordinaria, a ulteriore conferma (se pur ce ne fosse bisogno) della grandezza assoluta di Petrenko. Una di quelle serate che si ricordano per tutta la vita. Quanto alla regia, posso condividere le critiche, tuttavia – come dice anche Lei – non ‘disturbava’ più di tanto l’ascolto e la visione, come talora accade per regie ipermodernistiche, il che – sempre per me – è stato un vantaggio.

    Grazie per il Suo sito, che ho scoperto solo ora.

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