Statsoper Stuttgart – Tosca

tosca

Foto ©Martin Sigmund

Durante le vacanze natalizie la Staatsoper Stuttgart mette sempre in programma titoli di repertorio, perlopiù italiano e in allestimenti già collaudati. Fra le riprese di quest’ anno c’ era anche la bella produzione di Tosca firmata da Willy Decker, un allestimento che risale al 1998, molto amato dal pubblico e che con questa serata ha raggiunto la centoventicinquesima replica. Io personalmente ho già visto questa messinscena cinque o sei volte ma torno sempre a rivederla volentieri perché a mio avviso essa costituisce un perfetto esempio di come si possa impostare una regia moderna senza stravolgere e violentare il testo. Come in tutte le sue produzioni, Willy Decker racconta la storia con mezzi scarni ed essenziali. Su un palcoscenico nero sono collocati pochi oggetti: una grande statua della Madonna e il ritratto della marchesa Attavanti a simboleggiare la basilica di Sant’ Andrea della Valle nel primo atto, un lungo tavolo stile Impero nel secondo e nel terzo un’ apertura nel fondale, delimitata da un parapetto. Ogni oggetto ha un suo preciso ruolo nello svolgimento della vicenda, che scorre fluida e senza forzature grazie anche a costumi ben scelti, a un bellissimo gioco di luci e a una recitazione perfettamente calibrata e priva di cadute di gusto.

Una regia che si pone al servizio della musica e non delle elucubrazioni mentali del regista come avviene quasi sempre nel cosiddetto Regietheater e che soprattutto riesce ad essere raffinata e allo stesso tempo di facile comprensione per il pubblico. E questo, credo è il miglior complimento che si possa fare a Willy Decker, se penso ai tanti spettacoli visti sulle scene tedesche nei quali il pubblico si trova spiazzato dal trovarsi di fronte a una storia completamente diversa da quella a cui era preparato ad assistere. Del resto, Decker possiede una preparazione musicale ed ha studiato canto, quindi è in grado di impostare lo spettacolo partendo da una comprensione della partitura che a molti registi moderni, provenienti dalla prosa e che spesso lavorano addirittura solo sulla base delle traduzioni dei libretti, di solito sfugge. Nel caso in esame, abbiamo una produzione che dopo ventiquattro anni non ha perduto nulla della sua efficacia teatrale e continua a proporsi come autentico modello nel suo genere.

Il cast della ripresa di quest’ anno era molto interessante per il doppio debutto di Olga Busuioc e Atalla Ayan nei ruoli principali e i due giovani artisti hanno fornito una prestazione davvero eccellente. Olga Busuioc, trentaseienne cantante moldava che ha studiato anche in Italia e che con questa produzione riprendeva l’ attività dopo due anni di pausa dovuti al lockdown e alla maternità, è dotata di una voce qualitativamente davvero notevole per il timbro e la capacità di espansione, con acuti luminosi e penetranti. La sua caratterizzazione ha delineato una Tosca adeguatamente passionale, dotata di accento drammatico e scenicamente perfetta grazie a pregevoli qualità di attrice oltre che a una figura elegante e piacevole. Il “Vissi d’ arte” è stato eseguito molto bene per la bella qualità del legato e l’ intensità dell’ accento e anche nei duetti col tenore la Busuioc è stata encomiabile per slancio e passionalità.

Atalla Ayan, tenore brasiliano che da diversi anni fa parte dell’ ensemble della Staatsoper, ha delineato un Cavaradossi encomiabile per fascino ed eleganza. La voce è di bella qualità e buon metallo, emessa molto bene ed omogenea in tutti i registri, con un settore acuto impeccabile per squillo e proiezione. Si tratta di un cantante che sta facendo costanti progressi e potrebbe arrivare ad occupare una posizione di alto livello nel panorama tenorile dei nostri tempi, se continuerà a gestire in modo oculato la scelta dei ruoli da mettere in repertorio. Note molto meno felici per quanto riguarda Scarpia: il titolare del ruolo ha cancellato poche ore prima della recita e la frenetica ricerca di un sostituto ha portato alla scelta obbligata dell’ unico cantante disponibile. Il cinquantatreenne Thomas Johannes Mayer è un baritono ospite regolare dei Bayreuther Festspiele che io ho ascoltato diverse volte ma non sono mai riuscito ad apprezzare più di tanto a causa di una voce poco pulita e ancora meno ordinata, tremula nell’emissione e sgraziata nel fraseggio. Oltretutto il cantante è arrivato in pessima forma vocale e con parecchi vuoti di memoria in quanto non cantava la parte da tempo. Non si può incolpare più di tanto un artista che si è prestato all’ ultimo momento a salvare una serata, ma certamente il secondo atto era parecchio penalizzato da uno Scarpia in queste condizioni.

Mi interessava anche in questa serata la possibilità di ascoltare per la prima volta Valerio Galli, quarantaduenne direttore viareggino sul quale avevo ricevuto ottime informazioni dall’ Italia come interprete del repertorio postverdiano e in particolare di Puccini. Il giovane maestro si è dimostrato in possesso di una tecnica solida e sicura oltre che di senso del racconto teatrale e di capacità di infondere sicurezza ai cantanti. Quella di Valerio Galli è stata davvero un’ ottima interpretazione di Tosca, forte, incisiva, lucidissima nell’ alternare gli squarci lirici alle atmosfere di arroventata drammaticità, realizzata in maniera eccellente dalla Staatsorchester Stuttgart che ha risposto in maniera perfetta alle indicazioni del podio. Nell’ insieme si può senz’ altro affermarere che Valerio Galli è un ottimo musicista, dotato di talento e personalità, che nei prossimi anni potrebbe proporsi come interprete di riferimento non solo di Puccini ma anche di autori come Mascagni, Zandonai, Pizzetti, Alfano e di tutti gli altri operisti italiani del Novecento oggi quasi spariti dal repertorio. Teatro completamente esaurito, applausi intensissimi per tutti. Ogni tanto fa piacere, una bella recita di un’ opera popolare.

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