Maria Fausta Gallamini – “Il cielo nella voce”

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Di solito i libri di memorie scritti dai cantanti non rivestono un particolare interesse, perché immancabilmente si risolvono in un elenco di trionfi epocali e autocelebrazione retorica, risultando alla fine di qualche utilità solo per raccogliere dati e aneddoti. Una piacevole eccezione è costituita da questi ricordi scritti da Maria Fausta Gallamini, soprano genovese che ebbe un promettentissimo inizio di carriera a cui purtroppo non fece seguito uno sviluppo altrettanto positivo. Ricordo bene come la Gallamini apparisse spesso in piccoli ruoli nelle produzioni della Scala alla fine degli anni Settanta, quado io cominciavo a frequentare assiduamente il teatro milanese. La ragazza genovese, allora poco più che ventenne, prese parte alle grandi produzioni verdiane di Claudio Abbado come Don Carlo, Simon Boccanegra e Macbeth, poi al dittico raveliano L’ heure espagnole/L’ enfant et les sortilegès e al Werther diretti da Georges Prêtre. In quest’ ultimo spettacolo io la ricordo nitidamente come aggraziata Sophie a fianco del leggendario Werther di Alfredo Kraus. Nell’ ambiente operistico della Milano di allora molti indicavano questa ragazzina dalla voce dolce e dalla figura attraente come una sicura promessa del teatro lirico. Negli anni immediatamente successivi la Gallamini arrivò a collaborare con altre bacchette mitiche come Herbert von Karajan e Seiji Ozawa. Tutto sembrava avviato per il meglio, quando qualcosa si bloccò nella testa della cantante, che piano piano perse la sicurezza vocale fino a dover abbandonare il palcoscenico.

In questo libro, pubblicato dalla casa editrice trevigiana Diastema, Maria Fausta Gallamini racconta le vicende della sua caduta e rinascita, in maniera lucida e obiettiva, senta cercare alcun tipo di scuse. La narrazione tocca anche il tema della crisi depressiva che la cantante genovese attraversò fra i trenta e i cinquant’ anni di età, causata dal senso di colpa per non avere saputo mettere a frutto tutte le belle premesse dei suoi primi anni in teatro. Un rimorso che alla fine, attraverso una paziente autoanalisi, la Gallamini è riuscita a superare tornando brevemente al teatro e poi a una vita tutto sommato serena. In questo senso il suo è un libro che dà delle risposte sincere e indica la possibilità di una rinascita a chi, per un motivo o per l’ altro, perde la propria voce. Una lettura da consigliare anche ai non appassionati di musica, come esempio di una persona che è riuscita ad elaborare in maniera positiva il mancato raggiungimento dei suoi obiettivi professionali. Completa il testo una prefazione scritta dalla musicologa milanese Franca Cella, che rievoca la vita musicale della Milano degli anni Settanta caratterizzata dalla presenza di figure carismatiche come Claudio Abbado, Paolo Grassi, Giorgio Strehler, Maurizio Pollini e tanti altri, straordinaria per la vivacità culturale delle proposte, alla quale Maria Fausta Gallamini prese parte attiva. In complesso, una lettura interessante.

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