Su Carlos Kleiber, dopo quasi cinque anni dalla sua scomparsa, si é scritto abbastanza. Uno dei contributi piú validi, a mio avviso, è questo articolo di Stefan Osterhaus, apparso su Der Spiegel, che riporta anche interessanti ricordi del direttore e compositore Michael Gielen. Lo pubblico nella traduzione italiana effettuata dalla carissima amica Anna Costalonga.
Parlava poco e dirigeva poco: già in vita Carlos Kleiber era restio a qualsiasi tentativo di biografia, adesso la sua famiglia continua questo suo silenzio. A tal punto da far temere al suo amico di sempre Michael Gielen che l’ eredità del Maestro del Secolo venga dimenticata.
No, il direttore artistico non ne vuole parlare, di Carlos Kleiber, e non ne vuole parlare nessuno, d’ altronde. A mala pena vengono rilasciate dichiarazioni, sicuramente non da parte del cerchio dei parenti e degli amici. E se anche trapela qualcosa, è sempre qualcosa di decisamente prevedibile.
Il Maestro del secolo appartiene difatti all’ etichetta più aristocratica. Un genio, senza pari. Carlos Kleiber, il torero del podio, a due anni e mezzo dalla scomparsa rimane esattamente quello che era in vita: un mistero.
Recentemente un autore ha ammesso di nuovo la sconfitta : Jens Malte Fischer, acuto biografo mahleriano, in una sua analisi dell’opera di Kleiber, ha ammesso l’ impossibilità di una sua biografia.
“Carlos Kleiber – l’ eccentrico scrupoloso“, questo il titolo del libello, seziona con precisione il suo metodo musicale. Questo ottobre tuttavia verrà pubblicato un nuovo tentativo biografico, “Carlos Kleiber – Una Biografia“ ad opera del critico letterario Alexander Werner.
Eccentrico – sì, è un luogo comune, ma uno, comunque, che fa da corollario al superlativo assoluto. Alcuni hanno definito il talento di Kleiber come “demoniaco“. La fluidità dei suoi movimenti, liberi da manierismi, sconfinava con la danza. Perfino gli archivi del Munzinger, notoriamente privi di ironia, parlano dei suoi “poteri musicali mediatici“, che avrebbero esercitato sul pubblico “nientemeno che un effetto ipnotico“.
In 50 anni ci ha lasciato solo una dozzina di registrazioni. In compenso, non si contano i pettegolezzi sulle sue idiosincrasie, le sue bizzarrie, le sue nevrosi: Kleiber, pazzo per le automobili, Kleiber, il terrore di ogni impresario, Kleiber, un uomo dall’ indeterminazione lunatica, capace di cancellare date da un giorno all’ altro; Kleiber, figlio unico di un direttore d’ orchestra di livello mondiale e che tuttavia ha superato il padre in talento.
Il cerchio dei familiari si ostina nel silenzio. Evita qualsiasi apertura, proprio come l’ amato “Pipistrello“ straussiano evita la luce del giorno. Ecco il succo di una telefonata a suo figlio: “Io con lei non parlo“. Naturalmente nessuno deve parlare del defunto padre Carlos. Sarebbe interessante anche solo sapere il perchè di questo silenzio. Negli anni 80 un giornalista americano rese pubblica una sua biografia redatta sulla base di documenti austriaci e argentini. Il Maestro gliela proibì, avvalendosi di un supporto legale. Sono state scritte numerose lettere, tuttavia gli eredi continuano a impugnare e proseguire la volontà paterna. E così gli “ori“ di Kleiber non verranno mai resi pubblici.
Cosa ci rimane allora di Kleiber, a parte un paio di dischi? La fama di mago enigmatico dai tratti maliziosi, che riusciva letteralmente a infiammare il pubblico? Certo. I veri entusiasti, pur numerosi, ne lodano le opere e l’ operato: da un sondaggio del sito “tamino-kassikforum“, i cui esegeti discutono di Scherzi e Tempi con una foga simile a quella generata dalla questione del cambio di portiere della Nazionale, Carlos Kleiber con il suo “Don Carlos“ avrebbe la meglio su Bernstein, Furtwängler & Co., nonostante la poca reperibilità del suo repertorio.
OMBRE SULL’ EREDITA’
Ma allora che succederà alla sua eredità? Gli archivi bavaresi ospitano parecchie registrazioni del tempo in cui Kleiber lavorò alla Staatsoper, che però non possono essere toccate. Saranno rese disponibili, infatti, al decadere del vincolo legale, solo fra una ventina d’anni. Un po’ alla volta, quindi, svaniranno le ombre sul ricordo di quest’ uomo, che non voleva più essere un direttore ospite – uno per cui, tempo fa, lo Zeit, a proposito di una sua direzione del Tristano, si lasciò andare a questo commento entusiasta: “Non si è mai sentito sulla terra niente di più furioso”
SULLE TRACCE DEL GENIO
Ha fatto tutto di testa sua, in compenso. Apparizioni dopo lunghi intervalli. Mai un’ intervista. Una volta durante una tournée invitò una giornalista nella sua camera d’ albergo. Per tutta l’ ora e mezza dell’ incontro, in sostanza il Maestro non avrebbe fatto altro che cercare la sua carta di credito. Alle prove, non amava la presenza di ascoltatori. “Naturalmente sapeva che così il suo valore di mercato si sarebbe alzato“, dice un collega di fama mondiale, che ha avuto modo di conoscerlo molto bene. E’ Michael Gielen, 80 anni, colui che ha saputo dirigere la Nuova Musica come pochi altri.
E’ più che comprensibile che Gielen parli di Kleiber. Erano amici di gioventù: si conobbero per la prima volta al Teatro Colon in Argentina. Gielen era maestro ripetitore di Erich Kleiber, il padre di Carlos, uno dei più grandi direttori dell’ anteguerra. La famiglia Gielen infatti era emigrata in Argentina, esattamente come i Kleiber.
Erich Kleiber non poteva sopportare l’ idea che ci fosse un altro musicista in famiglia. Di conseguenza spedì il figlio a studiare chimica a Zurigo. Carlos invece “fece di tutto“, come dice Gielen, “pur di non studiare chimica.“
“NON SO FARE COME PAPITO“
Il talento di Kleiber si manifestò ben presto. Gielen ha sempre disprezzato il mestiere stereotipato, l’ intercambiabilità delle messinscene con il loro suono preconfezionato. Per questa ragione teme che il suo vecchio amico venga dimenticato. Per questa ragione si è deciso a parlare di quest’ uomo che non voleva funzionare come si aspettava il mercato. Della sua musica e della sua vita spirituale, della sua profonda nevrosi, che gli era però vitale .
Inevitabilmente, l’ombra paterna: “Penso che aver avuto un padre così importante sia stata per lui una vera sfortuna, la causa di un insuperato complesso di Edipo“ Una volta Carlos portò a Gielen una registrazione del padre.“Era fantastica“, racconta Gielen. Quando si trattava di suo padre, le sue registrazioni erano sempre meglio delle proprie: “Ecco, ha sempre pensato: “Non so fare come Papito”. “
Il destino familiare e la potenza della musica – sono due cose da cui Kleiber non si è mai saputo davvero difendere. Gielen ci riferisce di quando, durante una sua conduzione del Tristano a Stoccarda, Kleiber accusò addirittura vere e proprie nausee. Erano le fantasie febbrili di Tristano ad aver avuto la meglio su di lui. I musicisti gli passarono dei fazzoletti. E lui diresse con una mano. “Carlos aveva davvero paura di diventare pazzo. Per questo motivo, penso, ha finito con il dirigere sempre meno“
LA NOTTE SULLA TOMBA DI KARAJAN
Kleiber soffriva per la musica, più che gioirne. La dissociazione tra mestiere e arte gli pesava, avrebbe preferito dominarla. Ammirava in questo, invece, Herbert von Karajan. A volte, però, l’ ammirazione nei confronti degli altri colleghi andava così in là, che il suo orecchio, così preciso in altre situazioni, lo tradiva: “Una volta“ racconta Gielen “mi arriva con una registrazione di Furtwangler da Milano. Il Ring. Mi dice “Ascoltalo, è fantastico“ Be’ lo ascoltai – ma faceva veramente schifo! Sia Furtwangler sia l’ orchestra. Carlos si era semplicemente immaginato tutto“ Poi, ci racconta l’ episodio del Festival di Pasqua di Salisburgo, di quando la segretaria generale dell’ accademia delle belle arti bavarese una notte si trovò a passare davanti alla tomba di Karajan. E lì riconobbe una figura alta e slanciata, immobile ai piedi della tomba: era Carlos Kleiber.
Il desiderio e la realtà si confondevano spesso – segni di insicurezza, forse? Sdegnava le serate di gala a Monaco, ma diresse per il suo amico Leo Kirch. Una volta, avrebbe rivelato come passava le sue giornate: la mattina, se gli andava, usciva di casa (una villetta a schiera, non una villa) per fare un po’ di jogging e prendere il giornale. Poi faceva colazione,e guardava quello che passava alla televisione.
I primi anni, riempiva le giornate con ascolti maniacali, invece. Kleiber doveva sapere cosa facevano gli altri. Personalmente, faceva solo quello che gli prescriveva il padre Erich: “Non avrebbe mai diretto nulla che suo padre non avesse autorizzato“, ci dice Gielen. Avrebbe dovuto dirigere il “Wozzeck“ di Alban Berg in Scozia. Kleiber cancellò quest’ impegno, ma si rifiutò di consegnare la partitura al sostituto: c’erano le note di suo padre Erich, che aveva diretto la prima assoluta del “Wozzeck“.
Pettegolezzi, aneddoti, frammenti – anche se li mettessimo assieme, non riusciremmo ad avere un quadro conclusivo e coerente. Da poco un giornalista italiano sarebbe riuscito a pubblicare un libro su Kleiber. Il titolo “Carlos Kleiber – Angelo o Demone?” Demone, però, è sempre un’ etichetta. A questo proposito Gielen ci dice solo: „E’ stato il demone di se stesso. Non il demone degli altri.“