Antonio Juvarra – “Opera Flop”

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Dopo la pausa estiva, Antonio Juvarra riprende la serie dei suoi contributi dedicati ai vari aspetti della didattica vocale,scritti in esclusiva per questo sito. Come sempre ringraziandolo per la proficua collaborazione, auguro a tutti una buona lettura.

‘OPERA FLOP’ OVVERO ANCORA L’ UTOPIA PALEO-SCIENTIFICA DEL CANTO ‘FISIO-ANATOMICO’

È di qualche mese fa l’ annuncio entusiasta del direttore del notiziario operistico ‘OperaClick’, DANILO BOARETTO, di una nuova rubrica, che si propone di esaminare il canto e la tecnica vocale dalla prospettiva della fisio-anatomia e della foniatria. Nel presentare la rubrica la curatrice, LAURA BRIOLI, spiega che “comprendere la funzionalità biomeccanica dello strumento voce è fondamentale per aiutare i professionisti della voce e i docenti di canto” e, a sostegno di questa teoria, afferma: “la difficoltà principale nell’ uso di questo delicato strumento, costituito da tessuti, muscoli, cartilagini e ossa, è il fatto di essere ben nascosto all’ interno del nostro corpo senza che il singolo soggetto ne abbia alcuna percezione tattile. Addirittura non si può né vedere né toccare, se non la parte esterna della cartilagine tiroidea, il cosiddetto “pomo d’Adamo”. Nel leggere (nell’anno 2021!) annunci e affermazioni di questo tipo, non si può non rimanere stupefatti del fatto che ci sia ancora chi non solo crede alle teorie surreali di una ‘scienza del canto’ vecchia ormai di secoli e già da tempo dimostratasi fallimentare, ma le diffonde pure, spacciandole per novità e, soprattutto, per realtà.

Il condizionamento culturale, esercitato nello studio del canto dal foniatricismo vocale, è tale che la sig.ra Brioli non si rende neppure conto che per smentire la sua tesi della necessità di rendere visibile l’ organo vocale per poterlo controllare ai fini della fonazione basta il semplice e banalissimo buon senso, Grazie ad esso (il buon senso) possiamo facilmente CONSTATARE che l’ essere umano impara tranquillamente a parlare senza nessun bisogno (comico-surreale) di vedere o immaginare che cosa fanno gli organi vocali durante la fonazione, e senza ancora avere nella mente neppure l’ ombra di concetti anatomici come lingua, labbra, laringe e corde vocali. Ma anche volendo scomodare la scienza (che non è ovviamente la ‘vocoastrologia’), è chiaro che teorizzare che la conoscenza razionale della cosiddetta “biomeccanica muscolare” della fonazione umana aiuti l’ apprendimento del canto, prima di essere un madornale errore dal punto di vista didattico-vocale, è una clamorosa cantonata DAL PUNTO DI VISTA SCIENTIFICO E STORICO-VOCALE. Questo per un semplice fatto: LA FONAZIONE UMANA (PARLATA E CANTATA) AVVIENE PER CONTROLLO INDIRETTO E SENSO-MOTORIO, e NON per controllo muscolare diretto, ossia meccanico, ed è scandaloso che i vocologi, sedicenti scienziati della voce, ancora ignorino (o fingano di ignorare) questo fondamentale dato SCIENTIFICO. Sconcertante è poi che il direttore di una rivista dedicata all’ opera ignori che storicamente quella gloriosa scuola che è la scuola del belcanto italiano, si è sempre basata su una concezione e dei principi OPPOSTI a quelli foniatrici, propagandati ora (ove non bastasse la “vocologia”) anche dai notiziari operistici (!?).

A tale proposito, per cercare di difendere l’ indifendibile, il foniatra Franco Fussi ha scritto ‘pro domo sua’: “A volte la conoscenza scientifica e fisiologica del fenomeno voce viene scambiata per meccanicismo, come se la realtà tecnico-vocale che rende il cantante padrone di gestire in sicurezza e consapevolezza il proprio organo vocale, a realizzare le meraviglie del canto e dell’interpretazione, non potesse avvantaggiarsi di una coscienza fisiologica di ciò che il nostro corpo e le nostre corde vocali stanno facendo”. A questa argomentazione si può replicare molto facilmente: NO, “la realtà tecnico-vocale che rende il cantante padrone di gestire il proprio organo vocale”, NON si avvantaggia affatto della “coscienza fisiologica di ciò che il nostro corpo e le nostre corde vocali stanno facendo” (anzi!) e questo per il motivo semplicissimo che a suscitare le sinergie muscolari che creano il canto, NON è il controllo muscolare diretto. Ne consegue che quella che Fussi chiama “la coscienza fisiologica di ciò che il nostro corpo sta facendo”, in realtà non è altro che una forma di sterile intellettualismo o ‘mentalismo’, cioè una sovrastruttura razionale fatta di mere astrazioni scientifiche, totalmente scollegata dalla vera causa della fonazione e pertanto collocabile a un livello ancora più basso delle deprecate “immagini” della didattica vocale tradizionale. Essa quindi è tanto utile all’emissione vocale quanto la “coscienza fisiologica” di ciò che stanno facendo i nostri neuroni cerebrali è utile per ragionare meglio. In poche parole è solo zavorra che impedisce di volare.

La grande illusione, ben presto divenuta il grande inganno, della didattica vocale foniatrica ha potuto nascere e svilupparsi grazie a questa singolarità fisiologica: mentre per i muscoli cardiaci o i muscoli oculari non esiste la possibilità di un controllo volontario diretto, invece nel caso della fonazione umana, per ALCUNI organi, la lingua, le labbra, il palato molle, la laringe (ma non le corde vocali) esiste la possibilità di un controllo ANCHE diretto. Il problema è che, come sempre hanno saputo i belcantisti e come è comprovato dai loro trattati, esso E’ TROPPO GROSSOLANO PER CREARE IL CANTO DI ALTO LIVELLO. A tal punto che, essendo questo tipo di controllo una caricatura in tutti i sensi, esso sarebbe ipoteticamente utilizzabile al massimo in una scuola per imitatori vocali (vedasi il voicecraft con la cosiddetta “qualità opera”), non certo in un’accademia di canto. È pertanto un sogno ingenuo immaginare che si possa apprendere il canto proponendosi di controllare localmente la ‘posizione’ delle labbra, della lingua, del palato molle, del diaframma, dello sfintere ariepiglottico (sic) ecc. ecc., così come postula l’ ideologia foniatrico-vocale. Ora l’ ingenuità intrinseca di questa idea potrebbe rappresentare un’attenuante per i ricercatori sedicenti ‘scientifici’ della voce cantata, se non fosse che, a più di due secoli di distanza dalla prima elaborazione di questa utopia, si è potuto ormai prendere atto sperimentalmente del suo totale fallimento, motivo per cui continuare a riproporla oggi è a tutti gli effetti un atto IRRESPONSABILE.

Per avere la dimostrazione pratica del ridottissimo grado di funzionalità conseguibile col controllo muscolare diretto della fonazione, ognuno può fare su di sé un test semplicissimo, che consiste nel leggere una qualsiasi frase in due modi diversi:
1 – lasciando che l’articolazione si faccia da sola in modo naturalmente sciolto ed essenziale, ossia utilizzando il SERVOMECCANISMO NATURALE del sistema di articolazione, come normalmente facciamo parlando;

2 – disinserendo questo automatismo naturale e facendo noi, con un controllo diretto, i vari movimenti della lingua, della mandibola e delle labbra, necessari per articolare le parole.

Prendere coscienza che la seconda modalità, rudimentale e pseudo-tecnica, di articolare la frase rappresenta paradossalmente proprio il modello ‘scientifico’ di controllo della voce, teorizzato, o meglio, ‘utopizzato’ dalla vocologia, e che il suo equivalente ‘tecnico’ in ambito automobilistico sarebbe rappresentato dal disinserire il servosterzo e il servofreno mentre si guida, dovrebbe essere sufficiente per aprire finalmente gli occhi sul grado di inefficienza funzionale del tipo di ‘tecnica vocale’, auspicato dalla ‘foniatria artistica’. In effetti, nessun bambino ha mai imparato a parlare, controllando con lo specchietto di Garcia che cosa fanno le corde vocali o che cosa fa la lingua mentre parla. Parimenti nessun cantante è mai riuscito a intonare una nota cercando di far vibrare direttamente le corde vocali (così come recita un postulato grottesco del canto ‘fisio-anatomico’) senza averla prima CONCEPITA MENTALMENTE.
Non ha assolutamente senso quindi dire, come fa la Brioli, che la difficoltà principale nell’apprendimento del canto è l’ invisibilità dello strumento voce, dal momento che il controllo della fonazione umana (parlata e cantata) è stato ‘concepito’ dalla natura (una volta si sarebbe detto dal Creatore) proprio in funzione della sua invisibilità. Di conseguenza non ha senso neppure assimilare la didattica vocale alla didattica strumentale, che segue principi completamente diversi. Nonostante l’evidenza di questi FATTI, i vocologi, alias ‘foniatri artistici’ (ossimoro), ancora si comportano come il bambino che smonta la radio per scoprire l’ omino nascosto che ci parla dentro, ma poi non la sa rimontare, e tutto questo hanno il coraggio di chiamarlo ‘scienza del canto’. In realtà, chi avanza proposte ‘innovative’ di questo tipo, introduce nello studio del canto una mistificazione che non è solo scientifica ma è anche storica, e questa mistificazione è un prodotto del mito ottocentesco del ‘progresso’. Ossia: mentre nell’ ambito della tecnoscienza è ravvisabile nell’ arco dei secoli un progresso obiettivo, che è sotto gli occhi di tutti ed è quello che ci ha fatto passare dai carri trainati dai buoi agli aeroplani supersonici, invece nel caso della voce cantata, che NON è un prodotto tecnologico, stiamo assistendo paradossalmente al fenomeno opposto, ossia siamo REGREDITI dai ‘supersonici’ del belcanto ai carri trainati dai buoi delle moderne tecniche vocali foniatriche.

A questo punto i sostenitori del foniatricismo nel canto dovrebbero fare qualcosa di molto più utile che propugnare lo studio della vocologia. Dovrebbero studiare LA STORIA DEL CANTO. Da essa apprenderebbero che il belcanto (che per riconoscimento unanime rappresenta la più alta forma di espressione vocale proprio in termini di funzionalità fisiologica e acustica) è stato scoperto in Italia da cantanti che, nel fissarne i principi fondativi nei loro trattati, HANNO CONSAPEVOLEMENTE SALTATO A PIÈ PARI L’ ASPETTO FISIO-ANATOMICO. Ad attestare la verità di questa asserzione sono i seguenti fatti storici: nel Settecento, mentre tutta l’ Europa andava in delirio per il mitico Farinelli, formatosi coi principi della scuola di canto italiana, in Francia tale Bérard inaugurava lo studio foniatrico della voce, studio condotto andando con un suo amico medico a sezionare cadaveri per vedere ‘com’è fatta dentro la voce’. Il risultato fu la pubblicazione, nell’anno 1750, di un trattato, ‘L’ arte del canto’, dove per la prima volta il canto viene visto ‘sub specie laryngis’, cioè dalla prospettiva angusta della laringe, delle corde vocali, del diaframma e di tutto l’armamentario anatomico, utilizzato ancora oggi dal feticismo foniatrico, arrivando addirittura a stabilire i diversi “gradi” di altezza della laringe in rapporto alle varie note. Poco più di vent’anni DOPO la pubblicazione di questo testo ‘avveniristico’ e cioè nel 1774, l’italiano Giambattista Mancini pubblicava il suo trattato ‘Riflessioni pratiche sul canto figurato’, subito divenuto in tutta Europa (compresa la corte di Vienna, dove già lavorava Mozart) la bibbia del belcanto.

Ebbene, in questo trattato NON C’ È TRACCIA DI FISIO-ANATOMIA VOCALE e questo significa una cosa sola: che se Mancini ha trascurato TOTALMENTE la prospettiva fisio-anatomica della voce cantata, non è perché (come si vuol far credere falsamente oggi) a quel tempo non si disponesse di questa conoscenza scientifica (come dimostra l’ esistenza del precedente trattato, quello di Bérard, basato su una prospettiva foniatrica), ma perché, molto più semplicemente, la scuola di canto italiana aveva già scoperto che questo tipo di conoscenza è perfettamente inutile se non nocivo ai fini dell’apprendimento del canto, e non ha permesso quindi che la didattica vocale ne venisse contaminata.

Le domande che una persona di buon senso (soprattutto se si ispira al principio scientifico dell’esperimento come criterio per stabilire la veridicità di una data teoria) dovrebbe farsi a questo punto, sono almeno due:
1 – perché la scuola belcantistica italiana dei Tosi e dei Mancini ha prodotto i più grandi cantanti della storia del canto e la scuola foniatrica francese dei Bérard invece non ha prodotto NULLA di lontanamente paragonabile?
2 – Riescono i moderni voyeur foniatrici della laringe a rendersi conto del carattere ‘grottesco-surreale’ che avrebbe l’ ipotesi di un Farinelli che, in ossequio ai dettami dell’ ideologia foniatrico-vocale, fosse indotto dal suo maestro di canto Porpora a studiare i moderni trattati di fisio-anatomia vocale e magari anche (giusto per avere una migliore “coscienza fisiologica di ciò che il nostro corpo sta facendo”, così come auspicato da Fussi) a visionare la relazione medica della sua castrazione, con particolare riferimento agli effetti sulle sue corde vocali?

Se ora passiamo dal foniatricismo nascente della scuola di canto francese del Settecento (seguita poi da quella di Garcia nell’Ottocento) al foniatricismo trionfante delle scuole attuali, possiamo constatare come le cose siano ulteriormente peggiorate fino a toccare la dimensione comico-surreale vera e propria, rappresentata da quel metodo demenziale che è il ‘voicecraft’ di Jo Estill, incredibilmente spacciato dai ‘foniatri artistici’ (ossimoro) come uno strumento utile e avanzato anche per lo studio del canto lirico (?!) Sostenere seriamente amenità del genere è come pensare che Leonardo avrebbe potuto dipingere meglio la Gioconda usando le bombolette di vernice spray e il rullo invece del pennello, o che gli chef più innovativi e creativi siano quelli che preparano gli hamburger al McDonald. Se i responsabili di questo notiziario operistico arriveranno a credere seriamente a queste amenità, allora dovranno fare per coerenza una cosa molto semplice: cambiare il nome del loro notiziario e chiamarlo non più OperaClick, ma OperaFlop…

Antonio Juvarra

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