Osterfestspiele Baden-Baden 2019 – Kirill Petrenko e Patricia Kopatchinskaja

Foto ©Monika Rittershaus

L’ edizione 2019 dell’ Osterfestspiele Baden-Baden segna un’ altra tappa nel passaggio di consegne tra Sir Simon Rattle e Kirill Petrenko, che a partire dalla prossima stagione entrerà ufficialmente in carica come nuovo Chefdirigent dei Berliner Philharmoniker. Nel programma di quest’ anno il quarantasettenne direttore nativo di Omsk, designato nel 2015 alla successione di Sir Simon Rattle, è presente con due concerti. Il mio personale interesse era rivolto soprattutto al primo, che proponeva l’ esecuzione del Concerto per violino e orchestra op 36 di Arnold Schönberg. La curiosità di ascoltare un lavoro di non frequentissima apparizione nelle serate sinfoniche era ulteriormente accresciuta dalla presenza come solista di Patricia Kopatchinskaja, quarantunenne violinista nata in Moldavia e naturalizzata austriaca, che in questi ultimi anni si è imposta all’ attenzione del pubblico internazionale come una tra le strumentiste più interessanti del momento. Dopo aver ascoltato alcuni dei suoi dischi, in particolare il recital inciso insieme a Fazil Say, il Concerto di Beethoven con Philippe Herreweghe e il CD con il Concerto di Strawinsky e il Secondo Concerto di Prokofiev registrato con Mikhail Jurowsky e la London Philharmonic e ultimamente la geniale interpretazione del Concerto di Tschaikowsky insieme a Teodor Currentzis e al suo ensemble Musica Aeterna pubblicata per la SONY, tutti accolti da grande successo di pubblico e insigniti di importanti premi discografici internazionali, ne avevo ricavato l’ impressione di una personalità interpretativa originale e dotata di grande creatività, confermata dagli ascolti dal vivo delle sue esibizioni a Stuttgart e ribadita da questa esibizione a Baden-Baden.

Patricia Kopatchinskaja è una musicista dai molteplici interessi, che si dedica con passione al repertorio cameristico e a quello contemporaneo, nel quale ha eseguito in prima assoluta diversi brani scritti appositamente per lei come ad esempio i Concerti per violino e orchestra di Fazil Say, Jürg Wyttenbach e altri lavori di compositori importanti come Heinz Holliger, Ivan Volkov e Gerd Kühr. Il suo violinismo, tecnicamente completissimo sia a livello di condotta dell’ arco che della mano sinistra, è caratterizzato da una sonorità timbricamente stupenda e assai personale. Notevolissima è la capacità di controllare la dinamica e di sfoggiare una paletta di colori cangianti, dai pianissimi al forte, con un dominio pressochè assoluto della proiezione sonora. Ma la cosa che colpisce di più nel modo di suonare della Kopatchinskaja è il modo di fraseggiare, la ricerca di soluzioni interpretative originali e la comunicativa, espressione di una personalità carismatica davvero da concertista di classe superiore. Da queste premesse è scaturita quella che mi sento di definire senza il minimo dubbio come la più bella interpretazione del Concerto di Schönberg da me ascoltata. Le difficoltà tecniche della scrittura schönberghiana in questo lavoro sono tra le più impegnative di tutta la letteratura violinistica, tanto che Jascha Heifetz lo definì ineseguibile a meno di non trovare un solista in possesso di una mano sinistra con sei dita. Patricia Kopatchinskaja ha entusiasmato il pubblico del Festspielhaus con una serie di numeri tecnici di altissima scuola traendo dal suo strumento, un violino di Giovanni Francesco Pressenda del 1834, una gamma di tinte che andavano dalla trasparenza filigranata dei pianissimi fino a sonorità scure e ambrate, quasi da viola, nei passaggi sulla corda di sol. La parte orchestrale è stata resa da Petrenko con assoluto rigore analitico e una lucidità straordinaria nella gestione delle dinamiche oltre allo squisito lirismo nella messa in luce delle minuscole oasi melodiche di cui è punteggiata la partitura. Una prova assolutamente emozionante, culminata nell’ esaltante esecuzione dell’ acrobatico Allegro che conclude la partitura dopo il quale gli spettatori hanno tributato un’ ovazione trionfale alla virtuosa moldava. Come fuori programma, la Kopatchinskaja ha offerto insieme ad Andreas Ottensamer, il primo clarinetto dei Berliner, uno spettacolare e pirotecnico saggio di virtuosismo con l’ esecuzione del terzo tempo dalla Suite Jeu op. 157b di Darius Milhaud

Foto ©Monika Rittershaus

L’ atmosfera si è ulteriormente ravvivata nella seconda parte, con un’ esecuzione della Quinta Sinfonia di Tschaikowsky in cui Kirill Petrenko ha potuto dar sfogo a tutto il suo temperamento di grande narratore teatrale e mostrare al meglio i frutti della sua intesa con i Berliner Philharmoniker che appare già ottima. Quella di Petrenko è un’ interpretazione ammirabile per coerenza e ricchezza di senso tragico, stupendamente condotta tramite un fraseggio orchestrale ammirevole per coerenza di concezione e senso del racconto. Il suono degli archi del complesso berlinese, straordinario in termini di compattezza e profondità, la splendida qualità timbrica dei fiati, il peso e la proiezione sonora degli ottoni conferivano un’ evidenziazione perfetta alla scrittura orchestrale di Tschaikowsky, particolarmente ai blocchi sonori degli accordi raffiguranti il tema del destino che ricorrono ciclicamente lungo il percorso della partitura. Kirill Petrenko ha utilizzato queste possibilità offertegli dai suoi nuovi compagni di musica per una lettura intensa e serrata, di una tensione drammatica davvero avvincente. Il direttore russo-austriaco concepisce la Quinta di Tschaikowsky come un affresco unitario e indivisibile, di una potente ed epica tragicità. Il clima cupo e minaccioso del Tema del Destino esposto nelle battute introduttive si trasforma gradatamente in un quadro drammatico a tinte forti, alle quali segue il canto fervido e pieno di passionalità del secondo tema e la sezione centrale punteggiata dagli scoppi di sonorità negli sviluppi del Tema del Destino per poi spegnersi nelle ultime battute in un tono di stupefatto, tragico annichilimento reso da Petrenko in maniera superba, con una trasparenza strumentale di squisita bellezza. Uno stupendo pianissimo introduceva l’ Andante cantabile con alcuna licenza in re maggiore, con il lungo assolo suonato in maniera tecnicamente impeccabile dal corno solista di Stefan Dohr, con attacchi di una morbidezza impalpabile dopo il quale la stupenda melodia esposta dall’ oboe in dialogo con il corno e poi ripresa dagli archi si caricava gradatamente di tensione fino ad esplodere in una perorazione disperatamente tragica. Squisito il gioco di rubati con cui Petrenko ha reso il Valse prima di lanciare l’ orchestra in un’ esecuzione accesa e drammaticissima del movimento finale, una vera e propria ridda infernale in cui il direttore di Omsk ha reso in maniera eccezionale il progressivo accumulo di tensione che preparava in maniera efficacissima la spettacolare esplosione della battute conclusive. Dopo l’ ultimo accordo orchestrale il pubblico del Festspielhaus è letteralmente esploso in una vera e propria standing ovation, assolutamente meritata per un concerto di altissimo livello.

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